Il punto di
partenza del dibattito, cioè una dirigente scolastica ottusa di non so quale
scuola del nord Italia, che parla di rispetto di bambini stranieri e quindi niente
simboli religiosi nel suo istituto, ergo
niente presepe, se no le creature si potrebbero “sturbare”, non è il massimo.
Ma è il paradigma dei ragionamenti che ormai vanno per la maggiore tra chi prende
decisioni ed è a capo di un’istituzione: meglio star fermi per non sbagliare,
meglio non fare, per evitare contestazioni, offese, critiche, ripicche. Si sta
più tranquilli…..
Ma basterebbe,
come sempre, il vecchio, sano buonsenso, la bussola principe di ogni
comportamento, per capire che i bambini sono molto, molto più ragionevoli e migliori degli adulti.
Se si allestisce
un presepe nell’atrio della scuola potranno avere una di queste reazioni: o
saranno contenti di condividere un lavoro creativo, come tanti che si fanno in
classe, oppure, se cattolici, ricorderanno il senso autentico del Natale,
oppure se atei o di altre religioni passeranno dritto, ignorandolo. Allora
rovescio la prospettiva: se ci sono ragazzini felici di vedere un presepe,
fatto con la loro partecipazione, perché privarli di questa esperienza? In fondo,
anche se lo fanno nelle loro case, la scuola è il mondo dove passano la maggior
parte della giornata, mica un altro asettico pianeta. Scendiamo dai piedistalli
ideologici! Ragionando così, altri si potrebbero offendere per le zucche di
Halloween che hanno soppiantato la festa italiana di Ognissanti e ci invadono
fin sopra i capelli. Simboli pagani che prevalgono su quelli religiosi e tutti
zitti. Non la finiremmo più davvero. Anzi è strano che ancora non sia finita
nell’occhio del ciclone la classica recita natalizia che va per la maggiore tra
i bimbi dell’asilo o delle elementari, gioia e dolore di tutti i genitori di
oggi, muniti di videocamera e malcelato orgoglio per il loro pargolo.....
Detto questo,
nonostante sia cattolica, quando ero bambina non mi faceva impazzire il presepe
a scuola (non me lo ricordo quasi), mi era indifferente. Contava davvero quello
che facevamo a casa, su un ripiano della
libreria, con la capanna, i pastori acquistati di anno in anno, le scatole
vuote a sagomare la carta delle montagne, le lucine colorate…ancora oggi, mia
madre, 83 anni, che vive sola, tutti gli anni tira fuori dalla scatola ‘sto
presepino senza pretese. Forse è un piccolo simbolo che le scalda il cuore. E
vi confesso che anch’io per la prima volta, dopo tanti anni, a casa mia lo
farò, nonostante non ci siano bambini, solo per me stessa. Ho acquistato l’occorrente
giorni fa, in un negozio della grande distribuzione. Tutti i pezzi sono
artigianali, economici, venduti da una ditta di Lucca specializzata, quindi con
questo gesto avrò pure aiutato e sostenuto un’azienda italiana. Per cui, in
conclusione, condivido quello che affermano i non credenti: il
presepe è un fatto intimo, nel cuore della propria casa.
Non sono invece
d’accordo sull’idea che il presepe sia una cosa posticcia, inventata, che i
Vangeli non contemplano. Anzi, si tratta della rappresentazione plastica di
quanto accadde secoli fa.
Qualcosa di
scandaloso. Il figlio di Dio che decide di nascere in una grotta, che non trova
riparo nemmeno sotto un tetto. Una giovanissima madre che partorisce tra i
disagi, affiancata da un padre preoccupato per la moglie e la loro creatura. La gente umile del
posto che si accorge di ciò che di straordinario sta accadendo e si avvicina ad
adorare un bambino mezzo nudo tra la paglia. Uno strano Re.
Proprio un grande
Santo come San Francesco, nel 1223, circa due settimane prima della Natività,
dimorando nel romitorio di Fontecolombo chiamò il suo amico Giovanni Velita,
signore di Greccio, invitandolo a preparare quanto sarebbe servito per la
celebrazione natalizia: " 'Se vuoi
che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico:
vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con
gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose
necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul
fieno tra il bue e l'asinello'.
Scena che verrà
riportata da uno dei più grandi pittori di tutti i tempi, Giotto, nel suo
celebre dipinto nella Basilica Superiore di Assisi.
Da allora nasce
il primo presepio vivente, riprodotto anche in centinaia di paesi italiani in
occasione del Natale.
Nel settecento si
diffondono i meravigliosi presepi barocchi napoletani. Via San Gregorio Armeno
in questi giorni è impraticabile per la folla che acquista statuine artigianali
dalle innumerevoli botteghe.
Si allestiscono
presepi in tantissime chiese. Nella mia parrocchia l’anno scorso un presepe
artistico che riproduceva fedelmente il quartiere della Magliana ha strappato
commenti ammirati per la maestria di chi lo ha ideato, compreso il mio.
Insomma, presepe
si, perché a me ricorda ciò che festeggio il 25 dicembre, perché la mia cultura
italiana di secoli è intrisa di queste opere dell’uomo. Magari non sempre
(forse quasi mai) sarà ispiratore di preghiera in noi abitanti di questo
secolo, magari sarà solo sfoggio e sfida di abilità e maestria, ma lasciatelo
stare. E voi per i quali è un fastidio inutile, una baracconata, ignoratelo,
anche se capisco non vi dica niente.
Chiudo con una
citazione memorabile di Eduardo da “Natale in casa Cupiello” che chiedeva al
figlio Luca : “Te piace ‘o presepio?”