mercoledì 28 novembre 2012

Il presepe contestato

 

Il punto di partenza del dibattito, cioè una dirigente scolastica ottusa di non so quale scuola del nord Italia, che parla di rispetto di bambini stranieri e quindi niente simboli religiosi nel suo istituto, ergo niente presepe, se no le creature si potrebbero “sturbare”, non è il massimo. Ma è il paradigma dei ragionamenti che ormai vanno per la maggiore tra chi prende decisioni ed è a capo di un’istituzione: meglio star fermi per non sbagliare, meglio non fare, per evitare contestazioni, offese, critiche, ripicche. Si sta più tranquilli…..

Ma basterebbe, come sempre, il vecchio, sano buonsenso, la bussola principe di ogni comportamento, per capire che i bambini sono molto, molto più ragionevoli e  migliori degli adulti.   

Se si allestisce un presepe nell’atrio della scuola potranno avere una di queste reazioni: o saranno contenti di condividere un lavoro creativo, come tanti che si fanno in classe, oppure, se cattolici, ricorderanno il senso autentico del Natale, oppure se atei o di altre religioni passeranno dritto, ignorandolo. Allora rovescio la prospettiva: se ci sono ragazzini felici di vedere un presepe, fatto con la loro partecipazione, perché privarli di questa esperienza? In fondo, anche se lo fanno nelle loro case, la scuola è il mondo dove passano la maggior parte della giornata, mica un altro asettico pianeta. Scendiamo dai piedistalli ideologici! Ragionando così, altri si potrebbero offendere per le zucche di Halloween che hanno soppiantato la festa italiana di Ognissanti e ci invadono fin sopra i capelli. Simboli pagani che prevalgono su quelli religiosi e tutti zitti. Non la finiremmo più davvero. Anzi è strano che ancora non sia finita nell’occhio del ciclone la classica recita natalizia che va per la maggiore tra i bimbi dell’asilo o delle elementari, gioia e dolore di tutti i genitori di oggi, muniti di videocamera e malcelato orgoglio per il loro pargolo.....

Detto questo, nonostante sia cattolica, quando ero bambina non mi faceva impazzire il presepe a scuola (non me lo ricordo quasi), mi era indifferente. Contava davvero quello che facevamo a casa,  su un ripiano della libreria, con la capanna, i pastori acquistati di anno in anno, le scatole vuote a sagomare la carta delle montagne, le lucine colorate…ancora oggi, mia madre, 83 anni, che vive sola, tutti gli anni tira fuori dalla scatola ‘sto presepino senza pretese. Forse è un piccolo simbolo che le scalda il cuore. E vi confesso che anch’io per la prima volta, dopo tanti anni, a casa mia lo farò, nonostante non ci siano bambini, solo per me stessa. Ho acquistato l’occorrente giorni fa, in un negozio della grande distribuzione. Tutti i pezzi sono artigianali, economici, venduti da una ditta di Lucca specializzata, quindi con questo gesto avrò pure aiutato e sostenuto un’azienda italiana. Per cui, in conclusione, condivido quello che affermano i non credenti: il presepe è un fatto intimo, nel cuore della propria casa.

Non sono invece d’accordo sull’idea che il presepe sia una cosa posticcia, inventata, che i Vangeli non contemplano. Anzi, si tratta della rappresentazione plastica di quanto accadde secoli fa.

Qualcosa di scandaloso. Il figlio di Dio che decide di nascere in una grotta, che non trova riparo nemmeno sotto un tetto. Una giovanissima madre che partorisce tra i disagi, affiancata da un padre preoccupato per la moglie e la loro creatura. La gente umile del posto che si accorge di ciò che di straordinario sta accadendo e si avvicina ad adorare un bambino mezzo nudo tra la paglia. Uno strano Re.

Proprio un grande Santo come San Francesco, nel 1223, circa due settimane prima della Natività, dimorando nel romitorio di Fontecolombo chiamò il suo amico Giovanni Velita, signore di Greccio, invitandolo a preparare quanto sarebbe servito per la celebrazione natalizia: " 'Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l'asinello'.

Scena che verrà riportata da uno dei più grandi pittori di tutti i tempi, Giotto, nel suo celebre dipinto nella Basilica Superiore di Assisi. 

Da allora nasce il primo presepio vivente, riprodotto anche in centinaia di paesi italiani in occasione del Natale.

Nel settecento si diffondono i meravigliosi presepi barocchi napoletani. Via San Gregorio Armeno in questi giorni è impraticabile per la folla che acquista statuine artigianali dalle innumerevoli botteghe.

Si allestiscono presepi in tantissime chiese. Nella mia parrocchia l’anno scorso un presepe artistico che riproduceva fedelmente il quartiere della Magliana ha strappato commenti ammirati per la maestria di chi lo ha ideato, compreso il mio.

Insomma, presepe si, perché a me ricorda ciò che festeggio il 25 dicembre, perché la mia cultura italiana di secoli è intrisa di queste opere dell’uomo. Magari non sempre (forse quasi mai) sarà ispiratore di preghiera in noi abitanti di questo secolo, magari sarà solo sfoggio e sfida di abilità e maestria, ma lasciatelo stare. E voi per i quali è un fastidio inutile, una baracconata, ignoratelo, anche se capisco non vi dica niente.

Chiudo con una citazione memorabile di Eduardo da “Natale in casa Cupiello” che chiedeva al figlio Luca : “Te piace ‘o presepio?”

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